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Elettromiografia di singola fibra: come studiare le anomalie della giunzione neuromuscolare

L’elettromiografia di singola fibra (SFEMG) è una particolare metodica elettrofisiologica che consente lo studio della giunzione neuromuscolare. Anatomicamente quest’ultima rappresenta il punto di passaggio tra la cellula nervosa, o neurone, e la cellula o fibra muscolare da essa innervata. Alcune malattie neuromuscolari colpiscono proprio questo delicato punto di passaggio, e tra queste abbiamo la miastenia gravis. In questa malattia si ha un blocco selettivo dei recettori per l’acetilcolina determinato da autoanticorpi, ovvero da anticorpi prodotti dal sistema immunitario ma che, per errore, sono rivolti non verso un agente esterno ma verso un costituente del corpo. L’acetilcolina, un neurotrasmettitore, non riesce dunque ad attivare il recettore sulla fibra muscolare, che si contrae con difficoltà o debolmente.

Per comprendere al meglio la SFEMG, è necessario introdurre il concetto di unità motoria. Questa è anatomicamente definita come l’insieme del neurone motorio e delle fibre muscolari innervate. Gli impulsi nervosi, viaggiando lungo il motoneurone, raggiungono le cellule muscolari determinando la loro simultanea contrazione.

Nel caso in cui vi siano delle anomalie a livello della giunzione neuromuscolare, la contrazione non sarà più perfettamente simultanea, dato che alcune fibre si attiveranno prima, altre dopo, altre affatto.

“Con la SFEMG è possibile andare a studiare e misurare questa asincronia nell’attivazione delle fibre”, spiega il Dott. Davide Borghetti, neurologo pisano. La metodica impiega degli elettrodi ad ago con una sezione lievemente maggiore rispetto a quelli che vengono impiegati negli studi elettromiografici comuni. Nell’elettrodo per SFEMG è inserita una piccola incisione che consente di andare a registrare coppie di fibre muscolari appartenenti alla medesima unità motoria.

L’elettromiografia di singola fibra sfrutta aghi particolari, diversi da quelli usati negli studi tradizionali. Sono aghi di calibro leggermente più ampio, sui quali è presente una piccolissima finestra. Questa permette di registrare l’attività di coppie di fibre muscolari appartenenti alla stessa unità motoria, così da valutare le differenze nei tempi di attivazione. “Questa variabilità viene detta “jitter”, ed entro limiti ben precisi è individuabile e misurabile anche in condizioni normali”, continua il Dott. Davide Borghetti “ma se supera i valori di riferimento, può essere indicativa di un problema a livello della giunzione neuromuscolare”.

L’elettrodo viene inserito in quei gruppi muscolari dove è più evidente l’affaticabilità e la debolezza, come nei muscoli attorno agli occhi.

L’esame è moderatamente fastidioso, anche se la sua durata dipende molto dalla mano e dall’esperienza dell’operatore. Ecco perchè è indispensabile rivolgersi a centri specializzati con personale adeguatamente preparato. Il Paziente non deve avere particolari accorgimenti, salvo ovviamente indossare vestiti ampi e comodi (o facilmente eliminabili, se necessario): più si è collaboranti, più l’esame sarà rapido e in grado di fornire risultati affidabili!